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Relazioni Difficili

Le relazioni tra le persone non sono mai semplici, soprattutto se sei in un periodo difficile e di cambiamento come l’adolescenza. Avere dei momenti di difficoltà di relazione è normale.

Qualche volta però dietro le difficoltà si nasconde qualcosa di diverso.

Non sempre le persone sono gentili. Potrebbero capitarti compagni di scuola che ti prendono in giro oppure che fanno degli apprezzamenti sul tuo corpo che ti mettono a disagio.

Oppure ti è successo di sentire i tuoi genitori discutere e hai paura che il papà alzi le mani sulla mamma.

Oppure ti è capitato di pensare che vorresti lasciare il tuo ragazzo, ma hai paura che si arrabbi così tanto da farti del male. Se ti sta succedendo qualcosa di simile, potresti trovarti in una situazione di violenza fisica o psicologica. In entrambi i casi, non sottovalutare la situazione e vieni a chiedere aiuto. Che cosa ti succede?   

Cos'è la violenza?

A chiunque, in vari momenti della vita, può succedere di avere delle difficoltà di relazione.

Potrebbe accadere che i rapporti con i genitori si siano fatti tesi, oppure che a scuola qualcuno ti abbia preso di mira. Questi momenti sono parte della vita e della crescita di ognuno, e aiutano a imparare ad affrontare le situazioni difficili.

Di solito sono superabili, soprattutto se ti appoggi a qualcuno di cui ti fidi, come un amico o un parente. Qualche volta però dietro a difficoltà di questo genere possono nascondersi problemi più profondi.

Se nonostante i tentativi di trovare soluzioni e parlare con qualcuno di fiducia, non riesci a superare queste situazioni e continui a stare male, chiedi aiuto.

La violenza può verificarsi in ogni famiglia, a prescindere dalla situazione economica, dall’estrazione sociale o dalla provenienza geografica. Quando l’autore di una violenza è un componente della famiglia si parla di violenza intrafamiliare. Se invece è una persona esterna alla famiglia, si parla di violenza extrafamiliare. Nel secondo caso, l’autore può essere conosciuto (come nella maggior parte dei casi) o sconosciuto.

La violenza può esprimersi in diversi modi.

  • La violenza fisica comprende qualsiasi atto volto a far male o a spaventare la vittima, e nella maggior parte dei casi procura lesioni. Il maltrattamento fisico è inteso in generale come un danno fisico provocato non accidentalmente, e con diversi mezzi (mani, piedi, oggetti). Non include solo i comportamenti che danneggiano fisicamente, ma anche ogni contatto fisico intenzionato a spaventare, o a mettere in soggezione e controllare, come le molestie o le azioni di pedinamento. Se non viene denunciata, la violenza fisica tende a verificarsi con sempre maggiore frequenza e intensità.

 

  • La violenza psicologica comprende una serie di comportamenti intimidatori, minacciosi, vessatori e denigratori e svariate tattiche di isolamento. In certi casi il maltrattamento psicologico è così pesante che la vittima vive in un costante stato d’ansia. La vittima potrà sentirsi: controllata in ogni aspetto della sua vita; isolata dal proprio ambiente sociale; assillata in continuazione per un’ingiustificata gelosia o per qualche presunta mancanza; ricattata con continue minacce oppure ripetutamente intimidita. A volte la vittima di una persecuzione di questo tipo può esitare a denunciare l’assalitore poiché non può fornire le prove del comportamento violento. Ma anche in questi casi è importante rivolgersi a qualcuno in grado di aiutare.

 

  • La violenza sessuale comprende tutti quegli atteggiamenti intimidatori legati alla sfera sessuale, come le molestie sessuali e l’aggressione sessuale effettuata con costrizione e minaccia. In queste situazioni la sessualità non ha niente a che vedere né con il desiderio né con l’amore. È invece una forma di dominio sulla vittima.


  • Lo stalking, che letteralmente significa “inseguire”, comporta vari tipi di comportamenti che controllano e limitano la libertà di una persona. Vengono di solito messi in atto dal partner o ex partner, e assumono la forma di una vera e propria persecuzione di cui sono vittime principalmente le donne. Uno stalker solitamente tenta di mettersi insistentemente in contatto con la propria vittima attraverso messaggi, sms, e-mail, telefonate, oppure spiandola e seguendola. Le strategie di uno stalker si esprimono in molte maniere. Dal regalare apparentemente innocue scatole di cioccolatini a tinte drammatiche e violente.

 

Si parla di violenza assistita quando un minore è forzato ad assistere (da qui il termine “assistita”) a scene di aggressività o di violenza verbale, fisica o sessuale tra persone che sono per lui un punto di riferimento. Oppure su persone a lui legate affettivamente, adulte o minori. La forma più frequente è quella che coinvolge i figli che assistono al maltrattamento delle proprie madri.

Al pari di un qualsiasi maltrattamento psicologico, la violenza assistita causa effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale. Le conseguenze di questo fenomeno tendono a essere sottostimate, anche se in realtà sono paragonabili a quelle di chi ha direttamente subito violenza.  

Può accadere che la vittima sia presa di mira a causa dei suoi comportamenti o della sua appartenenza a una particolare categoria di individui, o per motivi che riguardano l’identità sessuale, l’etnia, l’orientamento religioso, il modo di vestirsi, l’aspetto fisico, le capacità relazionali e molto altro ancora. Questo può creare nella vittima l’illusione di meritarsi in qualche misura i maltrattamenti subiti, e impedirle quindi di cercare aiuto e di ottenere la tutela che le spetta.

«Scambiamo tutto per amore, mentre l’amore con la violenza e le botte non c’entra un tubo. L’amore, con gli schiaffi e i pugni, c’entra come la libertà con la prigione. Un uomo che ci mena non ci ama. Mettiamocelo in testa. Salviamolo sull’hard disk. Vogliamo credere che ci ami? Bene. Allora ci ama MALE.» Luciana Littizzetto, dal “Discorso sulle donne” al Festival di Sanremo 2013

Cos’è il bullismo?

Il bullismo è un insieme di comportamenti violenti di prevaricazione e ingiustizia da parte di un bambino/adolescente, definito “bullo”, nei confronti di un altro bambino/adolescente percepito come più debole, la vittima.

Comportamenti di questo genere creano delle situazioni molto difficili da sopportare per la vittima, che spesso finisce per essere emarginata e isolata.

Ci sono tre fattori che permettono di distinguere il bullismo da altre forme di comportamento aggressivo e dalle prepotenze:

  • l’intenzionalità: il comportamento aggressivo viene messo in atto volontariamente e consapevolmente;

  • la sistematicità: il comportamento aggressivo viene messo in atto più volte e si ripete nel tempo;

  • l’asimmetria di potere: tra le parti coinvolte, il bullo e la vittima, c’è una differenza di potere, dovuta alla forza fisica, all’età o al fatto che le aggressioni possono essere di gruppo. In ogni caso la vittima ha difficoltà a difendersi e vive un forte senso di impotenza.

Esistono molti modi diversi con cui il bullo può prendere di mira la sua vittima. Dall’utilizzo della forza fisica per nuocere all’altro, alla violenza verbale insistente e ripetuta, arrivando anche a mezzi più sottili e indiretti. Per esempio la diffusione di pettegolezzi che portano gradualmente all’esclusione e all’isolamento della vittima.

Una realtà più recente è infine quella del cyberbullismo, termine con cui sono indicate quelle azioni di bullismo messe in atto usando le e-mail, le chat, i blog, i telefoni cellulari, i siti web o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web. In genere consiste nel far circolare delle foto spiacevoli o nell’inviare alla vittima e-mail che contengono messaggi o materiali offensivi o lesivi.

Può accadere che le vittime siano ingiustamente rimproverate di “attirare” le prepotenze dei loro compagni. In questo modo perdono sicurezza e autostima, e il disagio creatosi può influire sulla concentrazione e sull’apprendimento, e dare luogo a sintomi da stress come mal di stomaco e mal di testa, incubi o attacchi d’ansia. 

 

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